Wednesday, November 5, 2008

Commenti impossibili e dissonanza cognitiva

Considerato che blogger non permette ormai da un paio di giorni di inserire commenti ai posts per colpa di problemi tecnici a me tutt'ora sconosciuti, "allego" in fondo a questo messaggio poche ma significative righe che mi ha inviato Lucia Ferrone riguardo le celebrazioni del 4 novembre ed il revival nazionalista. Quest'ultimo sarebbe da intendersi come il risultato di decisioni e percezioni falsate da un forte stato di dissonanza cognitiva in cui vivrebbero i cittadini europei (italiani in primis). Non posso che trovarmi completamente d'accordo con quest'analisi.

Il mio articolo sulla "dissonanza cognitiva" al quale Lucia si riferisce risale alla vittoria della coalizione Pdl-Lega alle ultime elezioni italiane e tenta di fornire una spiegazione dell'accaduto un po' fuori dal mainstream dei commenti politologici; potete trovarlo qui integralmente, mentre di seguito ne incollo un estratto:


«… questa teoria (ndr: fondata sul contributo del professore e psicologo sociale Leon Festinger) afferma che una persona la quale per l’una o l’altra ragione s’impegni ad agire in una maniera contraria alle sue convinzioni, o a quelle che crede essere le sue convinzioni, si trova in uno stato di dissonanza. Si tratta di uno stato sgradevole, e l’interessato tenterà di ridurre la dissonanza. Siccome il “comportamento discrepante” ha già avuto luogo, e non può esser disfatto, mentre le convinzioni possono esser cambiate, la riduzione della dissonanza può ottenersi principalmente modificando le proprie convinzioni nel senso di una maggiore armonia con le azioni».

In questo caso è la situazione politica italiana, europea e mondiale a generare lo stato di dissonanza; l’economia e la società del consumo e della competizione generano frustrazione, povertà e stress, ma dato che il contesto “discrepante” viene preso come un dato di fatto immutabile, risulta più facile mutare le nostre convinzioni. L’intervento di un messaggio politico populista e “disconnesso” dalla realtà dei fatti può a questo punto essere fondamentale nel ridurre la dissonanza cognitiva, fornendoci una visione del mondo semplificata e “migliore”. Se ciò è vero, quanto più il messaggio sarà falsato, eccessivamente propagandato o ampiamente implausibile, tanto più verrà accettato e tanto meglio si diffonderà, perché funzionale a far dimenticare una realtà complessa e sfavorevole. Da questo punto di vista gli italiani hanno scelto di chiudere gli occhi di fronte ad un mondo sempre più tecnico e difficile da capire (o da semplificare per mezzo di un’ideologia) ed hanno accettato con piacere e sollievo il prezzo di un programma di governo fatto di promesse, ipocrisia e irresponsabilità, ottenendo in cambio una drastica riduzione del disagio provocato dalla vita nel mondo contemporaneo.

Come ho già detto in precedenza, una spiegazione esaustiva delle ragioni del voto sarebbe necessariamente molto più approfondita e specialistica, dovendo declinare gli effetti delle identità e delle appartenenza di gruppo (siano queste di partito, territoriali, sociali, economiche e così via), ma pensare la scelta elettorale come uno strumento collettivo per ridurre la forte dissonanza cognitiva generata dalle difficoltà di un mondo plurale e complesso è un’ipotesi intrigante e, per certi versi, realistica.



Commento di Lucia:

Credo che la spiegazione che tu stesso hai proposto delle ultime elezioni sia calzante anche in questo caso: dissonanza cognitiva, e tentativo di riduzione della stessa. Non è nonostante la de-nazionalizzazione, ma proprio a causa di essa, che, a mio parere, si è creata questa ondata di revival nazionalista, come lo chiami.
L'insicurezza, la paura e la crisi fanno il resto, ma anche queste sono conseguenze di una globalizzazione a briglia sciolta, come ben sappiamo. Credo che faccia paura, anche su un piano psicologico, rendersi singolarmente responsabili dei problemi e affrontare soluzioni di tipo cooperativo, che comunque metterebbero gli individui in primo piano. Affidarsi a una identità superiore fa sempre comodo, e ancora più comodo a qualcosa che si sente vicino e "familiare" come lo Stato Nazionale. E proprio nel processo di costruzione di queste identità che si creano storie e miti, identità mai esistite (vedi Sen).
Inoltre, se vogliamo divertirci con le teorie del complotto (sempre molto in voga anche loro nei momenti di crisi), potrei sostenere che gli Stati, consci della loro perdita di potere, fanno di tutto per aggrapparsi agli ultimi scampoli di gloria, istillando paura e dubbio, affinché i cittadini chiedano aiuto.
D'altra parte lo Stato è un attore collettivo, come tale non è la semplice somma delle parti, ed ha, guarda caso, un'identità propria. Collettiva pure quella, ma singola nella sua unità. O almeno ci prova.

Lucia.

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