Quando anche gli esponenti del PDL iniziano a dire cose sensate significa che la crisi è veramente acuta, o forse che il tempo è ormai maturo per una riforma radicale dell'ordine economico e politico internazionale. Qualunque sia la motivazione di fondo, vale comunque la pena di leggere l'intervista rilasciato al Sole24ore da Mario Baldassarri, Presidente della Commissione Finanze del Senato, che si trova ad auspicare gli Stati Uniti d'Europa: "inoltre, ritengo che l'Europa dovrebbe essere presente fra i grandi come Europa unita. Bisognerebbe cioè cogliere l'occasione per un salto di qualità verso una sovranità politica piena. In sostanza, abbiamo la moneta unica ma è più che mai necessario costruire anche gli Stati Uniti d'Europa."
Non sono sicuro che alla base della crisi finanziaria ci siano solo i "global imbalances", che sposterebbero le colpe in primo luogo sull'ascesa della Cina e sul rapporto asimmetrico con gli USA indebitati. Indubbiamente "the rise of the Rest" (come direbbe Kishore Mahbubani, ironicamente in contrasto con "the rise of the West" dopo la rivoluzione industriale) è il processo che segnerà il futuro dell'economia e della politica mondiale, ma come la mettiamo con la colpevole inazione degli europei e, sopratutto, con le scelte politiche neoliberiste del governo americano? La deregulation del mercato finanziario e delle banche d'investimento è un'opera in corso dagli anni '90 e segue un preciso disegno politico che oggi si sta ritorcendo contro i propri ideologi.
Ma torniamo agli Stati Uniti d'Europa di Baldassarri; certo, non sarà la proposta federalista di Storeno (Ernesto Rossi), ma si parla di salto di qualità nel processo di integrazione e di sovranità politica piena. Sicuramente si tratta di un passo avanti e di un atto di coraggio, in un periodo dove le parole pesano miliardi di euro e dove la maggior parte delle proposte fatte dai leader nazionali sono confuse, generiche o volutamente inconcludenti. Di seguito l'intervista:
Mario Baldassarri (Pdl): «G-8 da allargare a Cina e India»
28 ottobre 2008
«La grave crisi finanziaria internazionale è in realtà solo la punta dell'iceberg. Dietro ci sono squilibri dell'economia mondiale, che sono molto più profondi e radicali e che oggi richiedono un riassetto complessivo di governance». Il presidente della Commissione finanze del Senato, Mario Baldassarri, motiva così la sua scelta di presentare, a nome del Pdl, una mozione che impegna il Governo ad agire in sede internazionale per promuovere una nuova Bretton Woods.
A quali squilibri si riferisce?
Da una parte abbiamo gli Stati Uniti, che consumano più di quel che producono e hanno un deficit estero pari al 7% del Pil da dieci anni. Dall'altra c'è la Cina, che invece consuma meno di quel che produce, ha un enorme risparmio e fino ad ora con queste enormi disponibilità comprava il debito americano. Poi, i cinesi si sono accorti che non bastava più comprare titoli di stato americani e hanno cominciato a comprare pezzi di economia reale. E adesso hanno in mano un fondo sovrano con il quale possono comprare in giro per il mondo banche e imprese. E, per effetto della crisi finanziaria, possono ottenerli a prezzi stracciati.
Quindi, dietro alla crisi finanziaria internazionale ci sono i global imbalances, come dicevano i vecchi documenti del Fmi...
Certo, ci sono gli squilibri globali dell'economia reale. La finanza e la sua crescita smisurata è solo la conseguenza. La Cina, ad esempio, è entrata nel Wto ma non è entrata nel sistema dei cambi e abbiamo avuto un renminbi cinese che si è agganciato al dollaro per decisione politica e si è preso il 50 per cento di svalutazione verso l'euro. L'Europa ha in tal modo regalato il 50 per cento di dazi negativi alla Cina, attraverso il super euro. Ma c'è un altro motivo che depone a favore di un rapido cambiamento dell'ordine economico definito a Bretton Woods.
Quale?
Il G8 di cui noi parliamo ora fra tre o 5 anni, in base ai pesi economici, dovrebbe essere ristrutturato. Fra cinque anni avremo infatti la Cina come primo paese per valore assoluto del Pil seguita da Stati Uniti Giappone Russia, India Brasile Corea . E, a seguire, uno dei quattro principali paesi europei. Non si può continuare a dire: decidiamo in seno al G8 e poi invitiamo Cina e India, cioè due paesi che pesano per un terzo dell'economia mondiale. Serve un governo mondiale adeguato e condiviso.
Dovrebbero cambiare anche le istituzioni, oltre che la governance internazionale?
Non serve moltiplicare i centri di decisione istituzionali. Il problema di fondo è che nel G8 non sono rappresentate tutte le economie più forti. Inoltre, ritengo che l'Europa dovrebbe essere presente fra i grandi come Europa unita. Bisognerebbe cioè cogliere l'occasione per un salto di qualità verso una sovranità politica piena. In sostanza, abbiamo la moneta unica ma è più che mai necessario costruire anche gli Stati Uniti d'Europa.
Non sono sicuro che alla base della crisi finanziaria ci siano solo i "global imbalances", che sposterebbero le colpe in primo luogo sull'ascesa della Cina e sul rapporto asimmetrico con gli USA indebitati. Indubbiamente "the rise of the Rest" (come direbbe Kishore Mahbubani, ironicamente in contrasto con "the rise of the West" dopo la rivoluzione industriale) è il processo che segnerà il futuro dell'economia e della politica mondiale, ma come la mettiamo con la colpevole inazione degli europei e, sopratutto, con le scelte politiche neoliberiste del governo americano? La deregulation del mercato finanziario e delle banche d'investimento è un'opera in corso dagli anni '90 e segue un preciso disegno politico che oggi si sta ritorcendo contro i propri ideologi.
Ma torniamo agli Stati Uniti d'Europa di Baldassarri; certo, non sarà la proposta federalista di Storeno (Ernesto Rossi), ma si parla di salto di qualità nel processo di integrazione e di sovranità politica piena. Sicuramente si tratta di un passo avanti e di un atto di coraggio, in un periodo dove le parole pesano miliardi di euro e dove la maggior parte delle proposte fatte dai leader nazionali sono confuse, generiche o volutamente inconcludenti. Di seguito l'intervista:
Mario Baldassarri (Pdl): «G-8 da allargare a Cina e India»
28 ottobre 2008
«La grave crisi finanziaria internazionale è in realtà solo la punta dell'iceberg. Dietro ci sono squilibri dell'economia mondiale, che sono molto più profondi e radicali e che oggi richiedono un riassetto complessivo di governance». Il presidente della Commissione finanze del Senato, Mario Baldassarri, motiva così la sua scelta di presentare, a nome del Pdl, una mozione che impegna il Governo ad agire in sede internazionale per promuovere una nuova Bretton Woods.
A quali squilibri si riferisce?
Da una parte abbiamo gli Stati Uniti, che consumano più di quel che producono e hanno un deficit estero pari al 7% del Pil da dieci anni. Dall'altra c'è la Cina, che invece consuma meno di quel che produce, ha un enorme risparmio e fino ad ora con queste enormi disponibilità comprava il debito americano. Poi, i cinesi si sono accorti che non bastava più comprare titoli di stato americani e hanno cominciato a comprare pezzi di economia reale. E adesso hanno in mano un fondo sovrano con il quale possono comprare in giro per il mondo banche e imprese. E, per effetto della crisi finanziaria, possono ottenerli a prezzi stracciati.
Quindi, dietro alla crisi finanziaria internazionale ci sono i global imbalances, come dicevano i vecchi documenti del Fmi...
Certo, ci sono gli squilibri globali dell'economia reale. La finanza e la sua crescita smisurata è solo la conseguenza. La Cina, ad esempio, è entrata nel Wto ma non è entrata nel sistema dei cambi e abbiamo avuto un renminbi cinese che si è agganciato al dollaro per decisione politica e si è preso il 50 per cento di svalutazione verso l'euro. L'Europa ha in tal modo regalato il 50 per cento di dazi negativi alla Cina, attraverso il super euro. Ma c'è un altro motivo che depone a favore di un rapido cambiamento dell'ordine economico definito a Bretton Woods.
Quale?
Il G8 di cui noi parliamo ora fra tre o 5 anni, in base ai pesi economici, dovrebbe essere ristrutturato. Fra cinque anni avremo infatti la Cina come primo paese per valore assoluto del Pil seguita da Stati Uniti Giappone Russia, India Brasile Corea . E, a seguire, uno dei quattro principali paesi europei. Non si può continuare a dire: decidiamo in seno al G8 e poi invitiamo Cina e India, cioè due paesi che pesano per un terzo dell'economia mondiale. Serve un governo mondiale adeguato e condiviso.
Dovrebbero cambiare anche le istituzioni, oltre che la governance internazionale?
Non serve moltiplicare i centri di decisione istituzionali. Il problema di fondo è che nel G8 non sono rappresentate tutte le economie più forti. Inoltre, ritengo che l'Europa dovrebbe essere presente fra i grandi come Europa unita. Bisognerebbe cioè cogliere l'occasione per un salto di qualità verso una sovranità politica piena. In sostanza, abbiamo la moneta unica ma è più che mai necessario costruire anche gli Stati Uniti d'Europa.
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