1) la comparsa dell’uomo è avvenuta in un periodo in cui il clima avrebbe dovuto raffreddarsi (global cooling), mentre ciò che è avvenuto, contrariamente ad ogni previsione, è stato una radicale inversione delle tendenze, con l’ inizio di un graduale riscaldamento climatico. Si parla a questo proposito di «antropocene anticipato» (early anthropocene hypotesis), nel senso che non sarebbe solo l’industria, ma tutta l’attività umana (dalle emissioni di metano prodotte dall’agricoltura stanziale in poi) a produrre instabilità climatica aggiuntiva rispetto agli equilibri naturali. Inoltre bisogna considerare che gli elementi inquinanti nell’aria, misurate in parti per metro cubo (ppm3), hanno raggiunto negli ultimi anni un livello mai visto nella storia del pianeta, nemmeno prima che i nostri antenati iniziassero a scendere dagli alberi per raccogliere e cacciare. Detto questo possiamo convenire che forse qualche elemento di novità (negativo) il genere umano l’abbia portato, anche solamente nel caso in cui abbia rafforzato o smorzato tendenze naturali già in corso.
2) Anche se la pressione distruttiva dell’uomo sull’ambiente non fosse la causa-prima del cambiamento climatico, resta il fatto che il disastro imminente è certo in ogni caso. Innalzamento dei mari, scioglimento dei ghiacci, conflitti per le risorse, polarizzazione delle ricchezze, circolazione delle malattie, desertificazione ecc. avverranno comunque. Ed il bello è che, per la prima volta nella storia, questi disastri non coinvolgeranno un popolo, una comunità, un paese, ma tutto il mondo, nessuno escluso (anche se con effetti diversi, e su questo si potrebbe discutere). Un comportamento più sostenibile e adattativo, uno sguardo più lungimirante non sarebbero ugualmente utili per favorire la pacifica sopravvivenza dell’umanità?
3) La sostenibilità non è solo ambientale. Oltre ai limiti dello sviluppo (quelli di Meadows-Club di Roma), ci sono i limiti sociali allo sviluppo, la tensione tra la crescita economica infinita ed un mondo fatto di risorse finite, l’insostenibilità anche etica del consumismo, la tensione insopportabile generata dalle disuguaglianze globali, gli effetti collaterali del dominio dei paesi industrializzati sui PVS (Paesi in Via di Sviluppo).
Esistono perciò diversi buoni motivi per essere favorevoli ad un mondo più equo e sostenibile, anche se non siamo certi della causalità umana nel processo di global warming. Anche se non crediamo nelle analisi e nella prospettiva ecologista, l’impegno per un mondo migliore e diverso è prima di tutto un imperativo morale."
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