Trovo l'attuale crisi finanziaria di grande ispirazione; stiamo vivendo un fase di transizione storica ma i segnali della crisi sono ancora striscianti, per questo motivo è necessario raccontare, narrare, spiegare questa crisi. In effetti più della crisi stessa, per adesso stiamo vivendo "il racconto dela crisi", uno spettacolo a distanza fatto di sfiducia, disperazione e cambiamento che sembra quasi una iper-realtà simulata (à la Baudrillard) piuttosto che qualcosa di reale. Gli effetti sulle nostre vite non tarderanno però a farsi sentire se è vero, come sostiene Immanuel Wallerstein (e con lui tutti i discendenti della scuola braudeliana), che il momento attuale non prefigura una semplice recessione, ma addirittura la fase finale due cicli capitalistici, uno di medio periodo (quello iniziato dopo l'altra grande crisi, quella petrolifera del '73) e uno di lungo periodo, identificabile con il periodo egemonico americano. Giovanni Arrighi ne "il lungo XX secolo" (Il saggiatore, 1994) ha spiegato molto bene tutto quello che sta accadendo oggi, ma sull'attualità delle sue teorizzazioni mi dilunghero in un prossimo post.
Per coloro che pensano che questa crisi si dissolverà lentamente proprio perchè non è scoppiata di botto come successo nel '29 lascio la parola ad un capoverso di un articolo di Riccardo Bellofiore apparso recentemente su "Il Manifesto":
"Anche chi aveva bandito la parola - estremo esorcismo - ora si ritrova a pronunciarla: recessione. Come allora, nel '29. Solo col passare del tempo venne consegnata ai posteri con un nome differente: Grande Depressione. Contrariamente a quel che si crede, il 1929 non fu un «botto» solitario, ma una lunga serie di cadute, segnate da improvvise «riprese» di borsa. Una discesa prolungata, costante, che solo dopo un paio d'anni cominciò a riversarsi sull'economia reale, sulla produzione e, quindi, alla fine, anche sull'occupazione. Una crisi che arriva dentro le famiglie, che viene drammaticamente vissuta e ripetuta in questi giorni anche in Italia, con tante fabbriche che annunciano improvvisi tagli e chiusure, cassa integrazione e licenziamenti. Senza dimenticare i lavoratori precari, privi persino di ammortizzatori sociali."
Per coloro che pensano che questa crisi si dissolverà lentamente proprio perchè non è scoppiata di botto come successo nel '29 lascio la parola ad un capoverso di un articolo di Riccardo Bellofiore apparso recentemente su "Il Manifesto":
"Anche chi aveva bandito la parola - estremo esorcismo - ora si ritrova a pronunciarla: recessione. Come allora, nel '29. Solo col passare del tempo venne consegnata ai posteri con un nome differente: Grande Depressione. Contrariamente a quel che si crede, il 1929 non fu un «botto» solitario, ma una lunga serie di cadute, segnate da improvvise «riprese» di borsa. Una discesa prolungata, costante, che solo dopo un paio d'anni cominciò a riversarsi sull'economia reale, sulla produzione e, quindi, alla fine, anche sull'occupazione. Una crisi che arriva dentro le famiglie, che viene drammaticamente vissuta e ripetuta in questi giorni anche in Italia, con tante fabbriche che annunciano improvvisi tagli e chiusure, cassa integrazione e licenziamenti. Senza dimenticare i lavoratori precari, privi persino di ammortizzatori sociali."
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